L’argomento di questo articolo non riguarda la teoria della frattura degli elementi strutturali in edilizia, né i meccanismi di formazione delle lesioni sulle strutture resistenti, per effetto delle tensioni presenti. Riguarda altresì la comparsa di crepe, e danni correlati, al seguito di cedimenti inattesi a livello delle fondazioni.

I cedimenti delle fondazioni dipendono in primo luogo dal tipo di terreno, impermeabile o drenante, incoerente o coesivo, caratterizzato o meno dalla falda e da innumerevoli altri fattori che influiscono sui parametri geotecnici e sulla resistenza al taglio del sottofondo. Spesso, soprattutto in presenza di terreni di tipo argilloso, dal comportamento variabile nel breve e nel lungo periodo, sensibili alla presenza d’acqua, accade che gli abbassamenti differenziali nel corso del tempo avvengano per step successivi, anche in relazione ad eventi, o lavori, che si svolgono nelle aree limitrofe ai manufatti. Le fondazioni, intese come quel complesso di elementi strutturali progettato e realizzato per distribuire correttamente, e convenientemente, le azioni di calcolo superiori, interagiscono sempre con le sovrastrutture e con il terreno di sottofondo, ed a seconda della rigidezza di entrambi si ripartiscono e definiscono le tensioni sui singoli elementi. Questo significa che, a parità di pesi e carichi variabili sui solai, la concentrazione delle pressioni sul sottofondo, e la loro distribuzione, sono influenzate dal tipo di strutture di fondazione, dalle caratteristiche e tipologia di terreno, e da innumerevoli fattori contingenti che possono, anche localmente o temporaneamente, intervenire. Al contempo, in virtù del meccanismo fisico di equilibrio tra azioni e reazioni, le strutture in elevazione riceveranno sollecitazioni dipendenti anch’esse da tutti questi fattori. Il complesso problema dell’interazione suolo-struttura diviene di ancora più difficile soluzione qualora l’edificio sia piuttosto datato, e sussista una forte indeterminatezza sui dati di calcolo relativi alle caratteristiche meccaniche reali, ad esempio delle murature o dei solai. In ogni caso è di importanza fondamentale stabilire che, intervenendo su uno qualsiasi degli elementi in gioco, si modificano le tensioni che agiscono anche su tutti gli altri, pur nel rispetto dell’equilibrio generale.

Spesso accade di vedere edifici caratterizzati da lesioni, anche di notevole entità, crepe e fessurazioni non create dal ritiro o dalle escursioni termiche, aventi uno sviluppo caratteristico a 45°, per il taglio, o verticali per effetto della flessione. In quei casi i cedimenti delle fondazioni rappresentano una delle cause principali per il verificarsi di danni non solo estetici. In assenza di crolli, o collassi strutturali, spesso si hanno infissi che non chiudono correttamente, o distacco di parti accessorie. E’ importante valutare, e monitorare con fessurimetri, l’insorgere delle aperture, al fine di comprendere il meccanismo cinematico che regola il movimento inatteso delle parti coinvolte, e quindi il danno.

Esso può essere a volte complesso, perché determinato da più di una componente, specie per le strutture in muratura si hanno spesso movimenti locali. Se non legati dai cordoli a livello dei solai, i setti murari possono ruotare separatamente rispetto alle altre parti, fisse perché il terreno, ed il grado di vincolo, impediscono ad esse di assecondare lo spostamento. Ci possono essere, a volte, sempre per le strutture in muratura, distacchi e rotazioni dei setti o porzione di essi fuori dal piano, se non efficacemente connessi da un cordolo di piano disposto nei solai, e nella maggioranza dei casi l’effettivo meccanismo cinematico è dato da una combinazione di tutte queste componenti. Le strutture in cemento armato, vista la loro particolare natura, il grado di connessione tra i telai normalmente raggiunto, la duttilità di cui sono dotate dal progetto, presentano di solito in misura meno evidente problematiche legate ai cedimenti delle fondazioni. Ma quando il terreno, o un dimensionamento superficiale, provoca spostamenti inattesi, possono anch’esse fare i conti con danneggiamenti più o meno gravi, pur potendo disporre di riserve aggiuntive rispetto alle murature. Discorso analogo per le strutture in acciaio ed in legno, con particolare riferimento ai giunti ed ai collegamenti.

Il quadro finale è quello di una struttura, spesso datata ma non per questo caratterizzata da minore importanza o, spesso, interesse funzionale e storico-culturale, profondamente danneggiata, per la quale qualunque intervento che non parta dalle fondazioni sarà sempre non risolutivo del problema. Il punto focale del discorso riguarda l’interazione suolo-strutture, che deve essere studiata meccanicamente attraverso la determinazione di dati numerici di calcolo che tengano conto di tutti gli aspetti geotecnici caratteristici. E’ necessario pertanto eseguire prove geognostiche sul terreno, in primis di natura penetrometrica, statica e/o dinamica (CPT ed SPT), per ricavare i dati di calcolo che nella modellazione strutturale determineranno tutti i valori previsti nelle verifiche. Come si comprende, il problema è spesso complesso ed influenzato da molti fattori e variabili, per questo deve essere affrontato, di volta in volta, con molta esperienza e cautela di valutazione nelle indagini e nell’uso dei metodi di analisi previsti dalle Norme.

Tipologie di intervento

Come detto, la soluzione del problema non può prescindere dall’analisi del meccanismo cinematico complessivo e locale, e dalla valutazione delle caratteristiche meccaniche e geotecniche del caso. Poi l’intervento deve comunque e sempre partire dalle fondazioni, e sarà strutturato a seconda di come esse sono state realizzate. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, una buona norma esecutiva prevede di trasferire i carichi su strati del sottofondo più profondi, rispetto a quello su cui si posa la fondazione, e che abbiano migliori caratteristiche geo-meccaniche o requisiti tali da superare gli eventuali problemi specifici della posa. All’uopo si utilizzano spesso i classici micropali, in cemento armato e caratterizzati da una cartella sottile di armatura a sezione circolare. Essi, sfruttando la loro portanza dei carichi, consentono di fatto un appoggio sullo strato sottostante, cui trasferiscono le sollecitazioni.

Aspetto fondamentale è la connessione alle strutture di fondazione: ove non fosse presente un’idonea struttura capace di assorbire le azioni di calcolo in corrispondenza del collegamento alle fondazioni non vi sarebbe efficace trasferimento, e l’intervento sarebbe del tutto inconsistente. Ecco perché è importante che l’armatura di testa dei pali sia connessa alle fondazioni. La determinazione di un appoggio conveniente ed efficace è metodologia assai frequente, ma non sempre applicabile. Specie negli edifici più datati, caratterizzati da tecnologie costruttive dell’epoca di realizzazione che prevedevano l’appoggio diretto delle murature sul sottofondo, previo realizzazione di due o tre ricorsi di materiale più resistente alla base, non risulta possibile attuare alcun tipo di connessione efficace a causa della mancanza di aderenza e della ridotta estensione della zona di intervento. In questi casi la soluzione consiste nell’iniezione di resine espandenti ad alta densità, attraverso tecniche di perforazione e compattazione del terreno per il successivo consolidamento. Questi interventi, in casi davvero risolutivi in rapporto al loro costo di realizzazione, devono tuttavia essere studiati molto bene per definire i punti esatti in cui eseguirli, in rapporto al modello di calcolo strutturale assunto ed all’effetto finale che si intende ottenere con il progetto. Spesso non solo risultano semplici appoggi delle strutture creati ‘ad hoc’ laddove servono, ma riescono anche a contrastare l’abbassamento dei punti in cui esso risulti eccessivo. Parametri sensibili, in questa tecnologia, risultano la densità e composizione delle resine, mentre come tipologia si possono avere iniezioni con o senza cartelle di armatura. Nel primo caso l’intervento è assimilabile a quello di realizzazione di micropali, ed è pertanto fondamentale, anche in questo caso, garantire l’aderenza e la connessione alle strutture esistenti di fondazione. Il secondo caso, invece, praticabile anche qualora non vi fossero, di fatto, elementi strutturali preposti al trasferimento dei carichi al terreno sottostante (edifici storici, beni culturali o fabbricati datati), non richiede connessioni in quanto realizza una compattazione localizzata del terreno ove necessario. Va da sé che, anche in questo caso, per ottenere i risultati voluti per il consolidamento, e non, invece, una temporanea redistribuzione delle pressioni, è necessario un progetto mirato e attento alle condizioni locali. La tecnologia di iniezione in resina espandente, semplice o armata, presenta, in particolare, una letteratura tecnica molto vasta a supporto della progettazione strutturale, comprensiva di prove eseguite su casi reali per la determinazione della portanza, trattazioni matematiche di integrazione e adattamento delle formule classiche di calcolo dei pali in cemento armato, e valutazioni analitiche sul consolidamento complessivo dovuto all’azione di gruppo di tali elementi strutturali. A fianco di tali tipologie di intervento, volti al consolidamento per trasferimento di appoggio o compattazione del terreno sottostante dal punto di vista meccanico, sussiste la possibilità, a volte per la verità caratterizzata da un dispendio economico di gran lunga superiore, di realizzare un vero e proprio intervento di consolidamento strutturale sul medesimo terreno di appoggio mediante opere di sottofondazione, finalizzate ad integrare o realizzare ex novo idonee strutture di fondazione laddove carenti o assenti. E’ implicito che, in tali casi, il maggior costo risulta imputabile alla delicatezza di intervento, che coinvolge l’intera sovrastruttura e deve essere eseguito per gradi, ed all’incidenza di materiale e mano d’opera necessari per la realizzazione.